Nello yoga si sente spesso parlare di quanto sia tossico e limitante “l’attaccamento”. E al sentire questa parola si pensa subito ad un attaccamento materiale, ad oggetti, vestiti, ricchezze. Ma l’attaccamento credo inizi molto prima.
Mi piace sempre fare degli esempi su di me e sulla mia esperienza perché nel momento in cui ne parlo, riesco a vedere tutte le dinamiche condizionanti che ancora mi governano molto più chiaramente: l’attaccamento inizia (secondo me) da un atteggiamento mentale ed emotivo.
Nel mio caso, per anni sono stata prigioniera del mio attaccamento nei confronti del passato: di emozioni provate, di persone conosciute, di esperienze vissute. Per anni sono stata dipendente da un forte attaccamento emotivo a TUTTO. Ogni cosa, situazione, persona veniva ricoperta da uno spesso strato di emotività che mi generava un attaccamento quasi indissolubile.
Credo che l’attaccamento sia questo, un atteggiamento mentale. Non tanto un possedimento materiale. L’attaccamento alle ricchezze materiali credo sia poi una sua conseguenza. Da qui però ne deriva che il vero abbandono non sia solo la rinuncia alle comodità del mondo manifesto, ma sia prima e soprattutto la rinuncia ad usufruirne in maniera egoistica. E questo vale per l’attaccamento a persone, situazioni, oggetti o anche alla pratica fisica dello yoga!
Per un sacco di tempo ho nutrito un attaccamento egoistico nei confronti di alcune posizioni che non riuscivo a fare. E più forte diventava l’attaccamento del raggiungere quella posizione, più “regredivo” nella pratica. Ma nel momento in cui ho abbandonato questo attaccamento puramente figlio del mio ego, il mio corpo è entrato senza sforzo nella posizione.
Una domanda che mi ha aiutata a superarlo è stata: qual è la motivazione per la quale voglio riuscire a fare questa posizione?
Se vorrai, ti aiuterò a individuare i tuoi perché, e a renderli concreti nella pratica dello yoga.